Il Vangelo di oggi parla dei tralci e della vite. Se rimaniamo attaccati al Signore tutto va bene. Se ci stacchiamo finiamo male. Non subito ma nei momenti di dolore e alla fine della vita. La tentazione di staccarti oltre che dal Signore anche tra di noi è sempre forte. Ieri parlavo della malattia della solitudine. Quando andavo a benedire le case a Castelletto mi divertivo a contare le tante anziane sole con 6 oppure 8 vani. E quello che mi dicevano era sempre la stessa cosa: “Sa sono rimasta da sola e ora non riesco più ad arrivare alla fine del mese”. Se uno non riesce a stare con gli altri, difficilmente riesce a stare vicino al Signore. Papa Francesco dice spesso che il Signore si manifesta nelle persone vicine e più bisognose. La fortuna che hanno i ragazzi a iniziare a stare insieme agli altri, mangiando allo stesso tavolo o dormendo nella stessa tenda. Questa è la scuola di vita dei rangers. Ma questo è ancora più decisivo per noi adulti. Basta fare due conti: chi si è perso per strada è chi rimaneva e faceva solo problemi e, alla fine, si è staccato. Le nostre associazioni, a parte le emozioni che abbiamo e le tante amicizie, ci portano anche ad un cambiamento di carattere nel senso che nostre certe fisse le perdiamo. E alla fine i primi ad essere contenti siamo noi. Io vi posso dire che di fisse ne avevo molte ma durante il seminario ho dovuto abbandonarle, una per una! Gesù arriva a dire: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. C’è una felicità passeggera, quella del gelato che cola quasi subito. E’ questa la gioia che oggi viene venduta a caro prezzo. E siamo noi i primi a cascarci. La gioia di cui parla il Vangelo di oggi va ben oltre le previsioni del tempo o degli oroscopi. E’ quella serenità di fondo che permea cuore, fegato, mani, piedi e anche portafoglio, è uno stato, una situazione per sempre che ti fa stare bene con te stesso, con gli altri e con il Signore. Guardiamoci in giro: anche fra di noi ci sono persone e responsabili molto cercati, altri molto schivati. Come mai? Gesù parla anche di portare molto frutto, se rimaniamo in lui. Ecco un altro termometro per leggere la nostra vita. Basta metterci una sera, andare a dormire presto e, invece di contare le pecore, contare il bene che ho seminato nella vita. E tutti abbiamo un aratro, tutti abbiamo un terreno. E tutti abbiamo dei semi o dei talenti da seminare. Che tristezza quando, qualche volta, ho incontrato qualche anziano che mi diceva disperato: “Padre io nella vita ho pensato solo a me stesso.”Ed io, davanti a questo parole, pensavo ma non dicevo; “Questo dove pensa di andare?” Ma poi, alla fine, lo facevo sperare nella misericordia del Signore. Anche il bilancio del campo estivo ce lo facciamo a vicenda e se è brutto ce lo teniamo dentro, se è bello lo diciamo alla persona interessata. Ma tranquilli abbiamo sempre l’esame di riparazione che si chiama “confessione”. Siamo nell’anno della misericordia, pensiamoci un attimo solo questa sera prima di addormentarci.