Ho letto alcuni articoli e sentito molti commenti alla Tv sulla vicenda del dj Fabo. In qualche articolo si parla dei malati di SLA. Parto da una considerazione. Un infermiere che ogni tanto viene a farmi visita, parlando mi ha detto che oggi la terapia del dolore è molto avanti. E le medicine vanno prese prima che arrivi il dolore. Ormai mi sono ridotto a tenermi il dolore per paura di altre medicine. Come se il dolore fosse una parola da cancellare. Domenica a Messa ho parlato anche di sacrificio. Una parole che sentivi tante volte da piccolo e che oggi non sento più. E la vita senza dolore e senza sacrificio rimane senza la forza da usare nei momenti difficili. Mi fanno ridere anche chi mi guarda con occhio e cuore da compassione o meglio da poveretto. La vita è questa, punto. E a capo. E’ inutile sognare una vita diversa. Ogni vita ha una riserva di energia che nemmeno noi conosciamo. Ho pensato a immaginarmi cieco e sempre nel letto. Quando faccio le prove trovo ancora difficile ma so che al momento i Santi aiutano. Ma chi di noi non vive con questa sfida dentro. Riuscire a farcela. Il ragazzi a scuola, i genitori in casa, i nonni. Decisivo è il contorno. Noi siamo la fettina impanata ma senza le patate fritte o al forno come contorno, la fettina rimane orfana, si sente sola. La solitudine per un sano porta alla malattia, per un malato porta alla resa. Penso a molti bambini che non hanno il contorno e vivono soli. Ma penso anche a molti giovani che non hanno testimoni vicino, che per poco si arrendono. Noi sani e malati ci giochiamo tutto sull’amore che abbiamo dato e poi ritorna. Tutto il resto cade nel vuoto, i gesti di amore rimangono. Quando ho deciso di scrivere queste righe sono andato prima a trovare la foto adatta. Dopo un po di cliccate mi sono imbattuto sulla foto al campo con il fuoco acceso e tutti intorno a cantare. Ecco l’amore, ecco il fuoco. Che non solo scalda ma ti da quella magia che possiamo tradurre in emozioni, o meglio in forza. Questo fuoco dobbiamo tenerlo sempre acceso dentro di noi. E’ quello che chiamiamo speranza, fede. La mamma di Lavagna in chiesa davanti al figlio suicidato ha detto: ” non fatevi rubare la speranza”. Ieri ho visto un film in Tv “12 anni di schiavitù”. E pià volte mi sono detto: ma perchè questo odio portato alla follia. Che sofferenza ma sempre la speranza era con loro. Quando cantavano mentre raccoglievano il cotone. Poi la svolta per uno schiavo, il ritorno a casa e il pianto di gioia. E lui che si scusa per la faccia rovinata. In Camerun a Duala ho visto il posto con tanto di staccionate dove uomini caricavano uomini, per venderli come schiavi nelle Americhe. Ma oggi è il martedì di carnevale e per la prima volta non mi maschero. Penso ai tanti carnevali, ai fuochi, ai carri, alle sfilate. Ai pulmini trasformati con tanto di generatore per le casse della musica. A Collegno per un carro in legno mi hanno chiesto il collaudo e io ho trovato a Rivoli uno che mi ha dato il foglio con il collaudo. Alla domanda sui freni io ho risposto che ha i cuscinetti ancora buoni. E le gomme, mi dice. Io rispondo: sono un pò consumate ma i battistrada reggono. E quando i vigili a Rivoli mi hanno chiesto il collaudo io ho dato il foglio ma non lo hanno letto. E domani le ceneri. Al campo la sera dopo il fuoco ho sempre paura che le ceneri riprendano il fuoco. A un campo neve ho detto la messa con gli scarponi e dato che era il mercoledì delle ceneri ho preso la neve al posto della cenere. Non so chi arriverà a leggere fino quì. Volevo solo dire due parole sul dolore e sul sacrificio.