“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” Questa frase, di S. Paolo nella seconda lettura, mi ha sempre colpito. Anche da giovane sacerdote, ho sempre sperato di poter dire anche io, questa frase. E lo auguro a tutti voi. “La buona battaglia”. Si potrebbe tradurre in, la battaglia per il bene. S. Agostino riassume con “Ama, e fai quello che vuoi”. Perche le battaglie buone, nascono sempre da un gesto di amore. “Il cristiano sia sempre in cammino, per fare il bene” Papa Francesco. Da questa battaglia siamo partiti nel millenovecento e ottanta quattro a fondare i rangers. Da questa battaglia, siamo partiti, per Rumo e poi la casa e ora il prato per il campo da gioco. Da questa battaglia, siamo partiti, con il container nelle Filippine, in Romania e in Camerun. Partiamo sempre, armati mesi prima, per il Natale che sia Tale e poi la festa del volontariato. Ma siamo sempre armati di amore, ogni volta che apriamo la sede per la riunione. Ma come oggi, dobbiamo essere armat,i per fare il bene, bene. “ La povertà in astratto, lontana, non ci interpella direttamente. “Ma quando vedi la povertà nella carne di uomo, di una donna, di un bambino, questo sì ci interpella”. Papa Francesco. Ci sono battaglie vere, vive, che ti toccano mani e piedi e cuore. Questa è la buona battaglia. “Ho conservato la fede” Questa è l’altra battaglia. Negli anni la fede è messa alla dura prova. Ognuno di noi, una o più volte, ha detto: lascio perdere! Ma poi ritorna, si fa viva, la speranza che accende la fede. Il mio viaggio a Lourdes, ostacolato fino alla mattina delle partenza. Mi ha dato la risposta alla mia fede, in questo momento difficile. Non vi racconto come, ma vi posso dire che è successo. Volevo andare a capire, a vedere, sapevo che rischiavo, come in ogni battaglia, ma alla fine la Madonna mi ha premiato con il miracolo del sorriso che ho chiesto. Questa messa alle 12 in questa sede, su queste panche, tenta di far mantenere la fede ai giovani e farla continuare agli adulti. La fede è dono di Dio a noi il compito di non perderla o peggio ancora di non farla perdere, a chi ci sta vicino. “Ho terminato la corsa”. Per me ancora no, anzi, con l’arma della malattia le armi sono ancora più penetranti. Il vangelo: “Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini”. E qui, mi viene sempre in mente, quella lavagna enorme che c’era in classe, alla elementari. E quando la maestra usciva per il caffè o il mez mezdì, la maestra mandava alla lavagna la più meglio, e questa tirava una riga dividendo la lavagna in due parti, Poi la scritta; buoni e dall’altra parte: cattivi. IL mio nome andava subito sui cattivi altri sempre, sui buoni. Molt,i non sono come gli altri, non si mischiano, non siedono vicino. Io si che! “Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto” Si ferma in fondo. Non ha gli occhiali scuri, ma abbassa gli occhi. Non ha il doppio petto o la cravatta firmata ma si batte il petto. Mi sembra di vedere la lavagna nera e quella riga in mezzo. Il giochetto finisce con le parole secche e decise: di Gesù:“Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». Guardiamo con gli occhi di questo vangelo, quello che succede oggi attorno a noi, e nel mondo. C’è chi parla, o sbraita, convinto e vuole convincere, che lui, non sbagli mai. Ci sono in tutti i posti, e tutti i buchi queste persone. Anche nelle direzioni e fra gli adulti ci sono questi che fanno sempre l’uovo con due rossi. E questi dividono, creano muri, anche filo spinato. E si barricano. Nelle Filippine i ricchi si sono chiusi in fortezze, con tanto di muro e guardie. E vissero chiusi e scontenti. Ci sono tanti ,e questi portano sulle spalle il mondo intero, che riescono con l’arma dell’umiltà e del prima di me ho messo te, a mettere insieme le persone, di età diverse, e di diverse lingue e colore. Lourdes è grande anche per questo. La sera, la processione o flambò si sentiva l’Ave Maria in mille lingue diverse, ma tutti al ritornello Ave Ave alzavano la candela o flambò come la chiamano e tutte la luci rispendevano formando un M di Maria. Che emozione, che gioia, che calore, che fede. Nel duemila P. Eugenio generale del nostro Ordine Agostiniani Scalzi ha riunito tutti i conventi d’Italia in una sola provincia. Ma dopo anni siamo ancora ognuno a casa propria. L’unico tentativo o meglio battaglia per unire i conventi è stato il nostro con i rangers e poi con Millemani. Anche se questa battaglia, ha avuto momenti durissimi, ma ora il sole brilla da Collegno a Spoleto passando per Genova e Sestri. E mettici anche Filippine a Camerun. E l’ombelico, è in ogni gruppo, anche se ci sono voluti molti anni a capirlo. Che bello, sentirsi a casa propria in tanti posti diversi. Che gioia quella cena a Montallegro con gente anche da Spoleto e Collegno. Che emozioni i campi estivi e dei ragazzi ma anche di Millemani con i pullman e pulmini che arrivano a Rumo, da varie parti è alla prima cena, siamo tutti una famiglia. Che gioia per me essere accettato anche con la BCS e il computer per la Messa. Potevate dire che non si poteva. Che ormai ero sulla lavagna da quella parte, ma è successo il contrario. Mai tanti baci e abbracci come in questo anno trascorso, con la malattia. Questa è la buona battaglia, questo è il battersi il petto. Papa Francesco Gesù ci chiede di fare il bene con umiltà, rifuggendo l’apparire, il “far finta” di fare qualcosa”Ma con questa chiudo! “Papa Francesco “Quando io vado a fare visita alla casa di riposo dei sacerdoti anziani trovo tanti di questi bravi, bravi, che hanno dato la vita per i fedeli. E sono lì, ammalati, paralitici, sulla sedia a rotelle, ma subito si vede quel sorriso. ‘Sta bene, Signore; sta bene, Signore’, perché sentono il Signore vicinissimo a loro. E anche quegli occhi brillanti che hanno e domandano: ‘Come va la Chiesa? Come va la diocesi? Come vanno le vocazioni?’. Fino alla fine, perché sono padri, perché hanno dato la vita per gli altri.”
Questo libro è un testo unico
nel suo genere. Aiuta chiunque lo legga a vedere il mondo
in modo migliore, a cogliere quegli attimi fuggenti e quei segni che rendono la vita meravigliosa.
Questo libro aiuta a inserire
la propria esistenza in un contesto più ampio. La colloca all’interno
di quel progetto che «Il Signore ha voluto costruire su misura
per noi», ricorda spesso l’autore.
In queste pagine, il sacerdote agostiniano Padre Modesto Paris ripercorre il film della sua vita. Giunto a 58 anni, dopo aver ricevuto la notizia di avere una malattia rara (o «strana», come
la chiama lui), riguarda il suo cammino a volo radente.
Lo fa attraverso la lente coloratissima di una fede viva, aperta e gioiosa che, come dice lui stesso, lo ha contagiato fin
da piccolo e non lo ha mai abbandonato.
L’intento dell’autore, in queste pagine, non è raccontare la vita
di Modesto, ma la sua parafrasi.
Quella che può essere utile a tutti. Per questo il libro che state per leggere si intitola: «Il miracolo della vita».
Gli altri due libri di Padre Modesto
C'è scritto tutto: chi siamo,
perché ci chiamiamo Rangers,
il nostro spirito, le attività.
Per leggerli e sfogliarli online
basta cliccare le due copertine
qui sotto. Potete anche
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network. Buona lettura