Una scelta che mi ha cambiato la vita

Guido-CastellanoMe lo ricordo come fosse ieri. Avevo otto anni e i miei genitori mi avevano portato alla Messa al Santuario della Madonnetta di Genova. Eravamo un po’ in anticipo e mentre prendevamo posto vedo venirmi incontro Modesto, allora frate, che saluta i miei e poi mi invita a fare il chierichetto. Da quella mattina del 1975  ho scoperto che «servire alla Messa» era una cosa che mi piaceva molto. Anzi, con altri ragazzi e frate Modesto facevamo a gara a chi ne faceva di più. Praticamente sull’altare ho conosciuto Roberto e Marco due fratelli con cui sono diventato inseparabile amico. In chiesa con noi e Modesto c’erano sempre anche Francesca e  Alessandra, due sorelle che sapevano cantare e suonare la chitarra benissimo. Siamo cresciuti insieme e abbiamo fatto mille esperienze in tutti i campi. Da realizzare un orto che produceva tonnelate di verdura a un allevamento con un centinaio di conigli. Dalle riunioni dell’azione cattolica ai pomeriggi all’oratorio. Dai tornei di calciobalilla a quelli di calcio vero. Dopo scuola, si facevano un minimo di compiti e poi via: alle 4 eravamo già sotto le finestre del convento a urlare: «Modesto ci apri la sala del ping pong?». Il frate «che sui libri bisogna tenercelo legato», diceva il suo maestro Padre Angelo, in un secondo era giù con noi. Ma prima di giocare, c’erano mille lavori da fare: orto, galline, ciclostilare i canti per la Messa.

Eravamo un tutt’uno. Sempre insieme. Sempre noi cinque e fra Modesto che aveva 10 anni più di noi. Da bambini siamo diventati adolescenti e alle riunioni dell’Acr non ci volevamo più andare. Non perché non condividessimo le cose che ci raccontavano, ma perché al Santuario della Madonnetta, che è una chiesa che fa parte della parrocchia, c’era sempre qualcosa di meglio da fare. Nel senso che era molto più divertente sporcarsi dalla testa ai piedi e arare un campo con una motozappa che passare un pomeriggio a vedere gli audiovisivi sui problemi dei giovani. Ricordo ancora la terribile sigla della cassetta: i documentari si intitolavano Progetto Uomo, noiosissimi.

Un giorno, nel 1984, Modesto ebbe un’idea rivoluzionaria: fare un gruppo tutto nostro. Che non fosse Acr e neanche Scout, ma nemmeno sportivo o oratorio. Quindi insieme abbiamo «tagliato via» le porte del campo da calcio, bruciato il calciobalilla e usato il tavolo da ping pong come soppalco per archiviare del materiale. Ci voleva una sede però. Otteniamo il permesso dal superiore del convento per utilizzare una stanza che da anni veniva usata come magazzino e prima, per qualche anno, era stata la sala prove di un gruppo rock. Era grande, i muri erano rossi e neri e non ci si riusciva a girare: era piena fino al soffitto di detriti, mobili e cose inutili. C’era anche una moto e un aratro. Ci abbiamo lavorato sodo. E le pareti sono diventate bianche e i detriti sono spariti. «Ora servono gli iscritti» disse Modesto. Organizziamo una marcia non competitiva per i bambini del quartiere. È  l’aprile del 1984 e a fondare il gruppo insieme a Modesto siamo noi cinque, quelli di sempre.

Nel 2014 il gruppo compie 30 anni e continua a essere innovativo, unico e diverso da tutte le altre proposte rivolte ai giovani. In questi 30 anni migliaia di persone hanno partecipato a riunioni, gite, bivacchi, campeggi estivi e invernali. Ma anche a recite, spettacoli e musical. Persone che hanno promesso fedeltà al gruppo e ricevuto un fazzoletto da portare al collo. Persone che hanno vissuto e appreso lo spirito infuso dal Vangelo e dal fondatore Modesto Paris che da frate, nel frattempo, è diventato Padre, ordinato sacerdote in San Pietro a Roma da Papa Giovanni Paolo II nel 1983. Un Papa che, proprio nell’anno del nostro 30 esimo anniversario è stato fatto Santo. Abbiamo aperto sedi in alcune città in Italia (Genova, Torino, Spoleto, Sant’Orsola) e anche all’estero (Romania e Camerun). Accanto a Padre Modesto e ai fondatori di un tempo si sono alternate decine di persone che, a turno, hanno «tirato» il gruppo senza guardare le lancette dell’orologio. Facendo un lavoro ottimo. Un motto che potrebbe riassumere tutto il nostro agire di questi 30 anni è «Chiamati a trasformare il mondo». Una frase che abbiamo fatto nostra: era il titolo di una canzone, l’abbiamo trasformato in musical e in uno stile di vita per la nostra associazione. Un gruppo che, da sempre si basa su un concetto di fede viva aperta e gioiosa. Un gruppo che da 30 anni è la mia ragione di vita. Un gruppo che 30 anni fa, insieme a 4 amici e un frate, abbiamo chiamato «Rangers».

 

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