Il racconto di oggi sulla responsabilità deve diventare il nostro programma di vita. La moglie che dice di essere felice perché dipende da lei. Riuscirci è una grande vittoria su noi spessi. Se la nostra felicità dipende da qualche cosa di esterno e da qualche persona potrebbero esserci delle sorprese. Ci caschiamo tutti, più di qualche volta. Se avessi il motorino allora sarei felice. Se vincessi al gratta e vinci allora potrei dirmi felice. Poi se dentro di me non lavoro per costruirmi non è un problema. Quanti robot girano per la città. Senza un’anima, senza sorriso, sempre incavolati. Chi ci è vicino è il formaggio sulla pasta non la pasta. E se la pasta non è salata il formaggio non aggiusta la pasta. Noi siamo la pasta. Quando uno dice almeno una volta al giorno: che sfiga, si prepari al peggio. Sono quelli che guardano le previsioni per uscire, sono quelli che consultano l’oroscopo per sposarsi. “Io amo la mia vita” dice ma moglie. Ecco il segreto. Quando confesso qualche giovane chiedo sempre: ma tu ti vuoi bene? Il primo peccato che origina gli altri è il non volersi bene, Il non parlarsi mai. Il non pensare mai. Noi con il nostro corpo non siamo dei vicini di casa, e degli ospiti. Siamo noi. Dividere l’anima dal corpo, come se fossero due entità è pericoloso. Io sono io e basta. Il Vangelo ci dice di “ Siate pronti, con le vesti strette e le lampade accese.” La responsabilità di essere sempre pronti, con le vesti strette! C’è da camminare, c’è da correre. E poi la lampada, che non è la pila, ma quella luce interiore che ci fa vedere anche nei momenti di buio. E quella luce che brilla, quegli occhi sempre accesi e il sorriso sulle labbra. Preferisco incontrare un peccatore con il sorriso che un perfetto ma spento. Poi la frase finale è decisiva: “A chiunque fu dato molto. Molto sarà chiesto. A chi fu affidato molto, sarà richiesto ancora di più” Gesù parla di dare e di affidare. E’ la differenza tra quelli che vivono sempre nello scompartimento ma mai sulla locomotiva. Quelli che vivono sempre belli comodi sulle poltrone e mai sul palco. Queste persone si dice spesso che si cuociono con il loro brodo. A questi il Signore chiede molto. Gesù parla di: “affidato”. E’ quello che chiamiamo vocazione, chiamata a qualche cosa di grande. Quando si entra in direzione si da questo passaggio da dato. ad affidato. E non dei pali della luce dei birilli. Ma dei bambini, dei ragazzi e dei giovani. Non è uno scherzo è vero! Basta vedere questo campo, di tanti ragazzi e i responsabili vengono guardati, osservati, imitati. Essere e sentirsi in direzione è un “affidato” molto chiaro. Noi abbiamo scelto di chiamarci responsabili non capi. Ci è sembrata una carica che avvicina di più i ragazzi ai grandi. Ma attenti che non basta essere in direzione per sentirsi responsabile! Deve arrivare il timbro dal basso. Sono i ragazzi che vi riconosceranno responsabili e questo marchio vale oro! E responsabili non si diventa a 18 anni… Ma anzi, o si è responsabili prima, più giovani, oppure difficile che ci sia il clic. Ma per fortuna guardando le nuove forze, con i vari “più” o “help”, c’è da sperare bene per tutti i gruppi. Questo è il più bel segno di un futuro nel gruppo molto responsabile.