Cadde la pioggia, soffiarono i venti, si videro i fulmini, si sentirono i toni, ma il sorriso di Marco e di Francesca continua. I refettorio, il posto dove abbiamo fatto tanti eventi, la nostra sala da pranzo è pronta. Il Signore ci vuole qui in casa sua perche ci vuol bene. Un forte grazie per avermi aspettato per questa festa del venticinquesimo di matrimonio. So quanto mi volete bene e in questa mia nuova situazione è la medicina migliore per continuare a sognare. Ricordo bene quando avete piantato una piccola pianticella di ulivo e la speranza era che attaccasse. Non solo è attaccato, ma è cresciuto talmente tanto che tre anni fa qualcuno ha pensato non di potarlo ma di tagliarlo. Ma poi un giorno la sorpresa: “ E’ apparso un piccolo germoglio verde!” Poi tanti rami, ma tutti dal basso, quasi da terra. E’ la storia della vostra famiglia che ha saputo sacrificarsi, quasi morire, per la famiglia e poi la gioia dei figli, non due ma, ora, quattro. Il coraggio di prendere in casa, in vacanza, nel cuore le due ragazzine, Mariana e Miluna, di Casa Speranza è il regalo più unico e prezioso che voi Marco e Francesca portate oggi sull’altare per il vostro grazie. Le due figlie, Camilla e Chiara, sono per voi e per noi tutti che siamo qui e che condividiamo la gioia di essere nei rangers e in millamani due perle preziose che danno valore e luce. La delicatezza e la modestia di Camilla, la grinta e la serenità di Chiara sono i tesori preziosi che voi Francesca e Marco donate al Signore, ai gruppi e a ciascuno di noi. Avete la fortuna, non più scontata, di avere alle spalle e ancora adesso due famiglie meravigliose: la famiglia Bajano e la Famiglia Navone. Una di Via Ausonia alta, l’altra di Via Ausonia bassa. Quante grazie oggi su questa Messa, qui alla Madonnetta, che per tutti voi e per molti di noi è la nostra casa, la nostra grande famiglia, la nostra chiesa e anche il nostro convento. Di Francesca ricordo con nostalgia i suoi sughi per la pasta ai campi. Mentre io e Guido insistevamo che il sugo si fa con il soffritto e salsa e sapori e fuoco, Francesca si accontentava di pomodori crudi tagliati e un buttati così nella pasta! Di Marco ricorderò sempre il primo campo al Maso dove, dopo cena, arrivava la pioggia di lacrime e io, con uno sguardo, suggerivo a Marco un canto allegro che si potesse, più che cantare , urlare. E funzionava. Questa è la nostra fede, quella viva aperta e gioiosa. Se questi e quelli ci sono riusciti, dice Sant’ Agostino, perché non possiamo farcela anche noi? Sono gli esempi che trascino anche in casa: vale per il papà, la mamma e i nonni. Da parte mia un doppio e triplo grazie per questo ultimo anno dal settembre del duemila e quindici. Caro Marco e cara Francesca siete stati, siete e sarete per me più che un fratello e più che una sorella. E questo vale anche per molti di voi che oggi siete venuti a far festa a Marco e Francesca. Qui non si tratta di fare delle pratiche o delle corse per trovare pillole, BCS e comunicatore. Si tratta del modo umile, discreto, deciso, costante, del vostro stare vicino a me a tal punto da permettevi di spacciarvi, con verità, come perenti e non solo amici. Tutti noi dovremo alzarci e battervi le mani per voi piccoli ma grandi. Ma chi oggi vi batte le mani, e le batte anche per tutti noi che siamo qui in questo giardino, è il Signore, con la Madonnetta che ci guarda felice. In serata ritornerò alla Nemo e martedì, se tutto va bene ritorno in BCS, con il comunicatore e il rubinetto che sembra funzionare alla mia cara Madonnetta dove potremo continuare a sognare altri ulivi con tanti rami e tutti verdi. Quando uno ha tante persone che gli vogliono bene, è a casa sua in qualunque posto anche alla Nemo. Grazie Signore perché anche oggi hai superato di una spanna questo sogno: venticinque anni di famiglia di Marco e Francesca.